“Salve, e bevi, e con noi bevi”.

Tempo di brindisi e antiche usanze

Salve, come suggerisce Alceo, cioè sta’ bene. E bevi con noi, perché il concetto di brindisi, condivisione del vino, è antichissimo. La sua origine benaugurale è a cavallo tra religione, superstizione, filosofia, mito e politica.

All’inizio era una libagione, cioè una consacrazione di vino a una divinità. Ed era insieme gesto di buon augurio reciproco, di salute e prosperità.

In fin dei conti, condividere ha sempre una valenza sacra…

Se il Medioevo è epoca di severe norme etiche e superstizioni, nuova vita ha il vino dal Rinascimento in poi. Il brindisi assume anche un significato sociale: i nobili, che mescevano in raffinati calici di cristallo, aggiungevano il loro raffinato tintinnio alla sublime stimolazione di tutti i sensi ad opera dello stesso vino.

Ma l’atto denota anche fiducia reciproca: avvicinando (mescolando) il contenuto dei propri bicchieri, l’uno ne garantiva all’altro l’assenza di veleno, e quindi una bevuta serena e pacifica.

Il forte valore simbolico del vino e del bere insieme ne rendono fondamentale il ruolo in moltissime culture, ognuna con le sue tradizioni e credenze.

L’essenza del rito rimane infatti anche ai giorni nostri: a nessuno verrebbe in mente di avvicinare i calici senza guardarsi negli occhi, di brindare con l’acqua, e di non incrociare due braccia che brindano con altre due. Pare anche che sia consigliabile appoggiare il calice sul tavolo, dopo il brindisi, prima di portarlo alle labbra.

Ma queste sono solo le usanze locali, mentre in ogni Paese si troveranno riti diversi e una parola specifica – perché in ogni rito che si rispetti c’è una formula da pronunciare – per consacrare il momento.

E allora, cin cin a tutti.